Presentato da:
Itamar Raz, MD
Hadassah University Hospital, Jerusalem, Israel Stephen D. Wiviott, MD
Brigham and Women's Hospital, Boston, MA John P. Wilding, MD
University of Liverpool, Liverpool, UK Ofri Mosenzon, MD
Hadassah University Hospital, Jerusalem, Israel Lawrence A. Leiter, MD
University of Toronto, Toronto, ON, Canada
Il dapagliflozin è un SGLT2 inibitore che riduce la glicemia in soggetti con diabete tipo 2 promuovendo la glicosuria attraverso l’inibizione del riassorbimento renale del glucosio.
Il dapagliflozin ha effetti benefici sui fattori di rischio cardiovascolari che si sommano ai suoi effetti di riduzione della glicemia.
Sono stati proposti molti possibili meccanismi per i benefici cardiovascolari (CV) degli SGLT2 inibitori. Rispetto al placebo, il dapagliflozin riduce la pressione arteriosa sistolica di 3-5 mmHg e favorisce il calo ponderale: effetti probabilmente correlati alle variazioni dei liquidi e al bilancio calorico conseguente alla perdita di grassi. In una metanalisi condotta su studi di fase 2 e 3 con dapagliflozin era evidenziabile un beneficio CV, in particolare la tendenza verso una riduzione di un endpoint composito di eventi CV, compresa la mortalità CV, l’ospedalizzazione per scompenso cardiaco e l’infarto miocardico (IM) senza evidenti effetti sull’ictus.
Il DECLARE-TIMI 58 (Dapagliflozin Effect on CardiovascuLAR Events) è stato disegnato per testare le ipotesi che (1) il dapagliflozin non aumenti gli eventi CV maggiori (MACE, major adverse cardiovascular events); e che (2) possa ridurre l’incidenza di eventi CV in soggetti con diabete tipo 2 e malattia CV aterosclerotica (ASCVD, atherosclerotic cardiovascular disease) nota, oppure con più fattori di rischio per tale condizione, ma senza ASCVD nota.
Tipologia dello studio, pazienti e criteri d’inclusione
Studio randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo.
Sono stati arruolati 17.160 soggetti con diabete tipo 2 e malattia CV nota (n = 6974) o multipli fattori di rischio (n = 10.186).
Erano eligibili soggetti ≥40 anni e affetti da diabete tipo 2, con HbA1c di 6,5-12,0%, clearance della creatinina ≥60 ml/min, e con fattori di rischio multipli per ASCVD o con ASCVD nota.
I partecipanti con fattori di rischio multipli erano uomini d’età ≥55 anni o donne d’età ≥60 anni che presentavano uno o più fattori di rischio tradizionali, tra i quali ipertensione arteriosa, dislipidemia o assunzione di terapie ipolipemizzanti, o uso di tabacco.
Questo trial “event-driven” è proseguito fino al raggiungimento di almeno 1390 soggetti con un outcome MACE, fornendo così una potenza >99% per testare l’outcome primario di sicurezza di dapagliflozin.
Outcome primari
L’outcome primario di sicurezza era il MACE (definito come mortalità CV, IM o ictus ischemico).
I due principali outcome di efficacia erano il MACE e un outcome composito di morte CV o ricovero per insufficienza cardiaca.
All’analisi dell’output primario di sicurezza, il dapagliflozin ha soddisfatto il criterio prespecificato di non inferiorità rispetto al placebo relativamente ai MACE (P <0,001).
Nelle due analisi di efficacia primaria, il dapagliflozin non ha mostrato una percentuale inferiore di MACE (8,8% nel gruppo del dapagliflozin e 9,4% nel gruppo del placebo; HR 0,93; IC 95%, 0,84-1,03; P = 0,17).
Il dapagliflozin è risultato associato a un tasso inferiore di mortalità CV o ricoveri per insufficienza cardiaca (4,9 vs. 5,8%; HR 0,83; IC 95%, 0,73-0,95; P = 0,005), derivante da una percentuale inferiore di ricoveri per insufficienza cardiaca (HR 0,73; IC 95%, 0,61-0,88) (Figura).
Il dapagliflozin ha ridotto la mortalità CV (NNT4Y = 19) e quella per tutte le cause (NNT4Y = 16) nei soggetti con scompenso cardiaco e frazione di eiezione ridotta, ma non in quelli privi di tale condizione.
Il dapagliflozin è sembrato ridurre sensibilmente il rischio di MACE, e in particolare quello di IM, in soggetti con pregresso IM.
Questa riduzione del 22% del rischio relativo è paragonabile ad altre terapie consolidate utilizzate nella prevenzione secondaria, quali un’intensiva terapia ipolipemizzante.
I partecipanti avevano minori probabilità di sviluppare esiti renali avversi e presentavano una riduzione significativa dell’outcome cardiorenale composito (HR 0,76; IC 95% 0,67-0,87; P <0,0001).
Sono stati osservati maggiori tassi di miglioramento del rapporto albuminuria/creatininuria rispetto al placebo.
Il dapagliflozin ha mostrato un buon profilo di sicurezza generale; rispetto al placebo, l’insufficienza renale acuta e l’ipoglicemia severa sono risultate meno frequenti.
Nel DECLARE TIMI-58, a oggi il più vasto studio sugli outcome CV, il dapagliflozin non ha ridotto il rischio di MACE, ma ha attenuato la mortalità CV e l’ospedalizzazione per insufficienza cardiaca.
Il dapagliflozin si è dimostrato particolarmente efficace nel ridurre il rischio CV nei soggetti ad alto rischio, compresi quelli con pregressa insufficienza cardiaca, frazione di eiezione ridotta e pregresso IM.
Messaggi chiave/Prospettive cliniche
Gli SGLT2 inibitori rappresentano un nuovo approccio per la gestione della glicemia, consentendo una terapia personalizzata in base alle condizioni cardiorenali.
Jose C. Florez, MD, PhD
Chair, ADA Scientific Sessions Meeting Planning Committee
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